Ph pelle

La pelle fornisce al corpo una protezione tanto più efficace quanto più la sua struttura è integra. Tra le fonti di stress più spesso citate quando si parla di proteggere la salute e la bellezza della pelle (come inquinamento, fumo e raggi del sole) dovrebbero essere incluse anche le variazioni del pH cutaneo, che gioca un ruolo fondamentale nel determinare il benessere dell’epidermide.

Infatti, che si abbia una pelle grassa o una pelle sensibile e delicata, che si stia combattendo contro l’acne o che si abbia la cute liscia e priva di imperfezioni, bisogna sempre ricordare l’importanza di fare attenzione a rispettare la naturale acidità dello strato più superficiale dell’epidermide, scegliendo con cura una soluzione cosmetica di qualità in grado di mantenere la pelle sana anche rispettando il suo equilibrio acido.

Qual è il pH della pelle?

Il pH della pelle non è omogeneo. In base all’area presa in considerazione, può variare tra 4.0 e 7.0. Prendiamo per esempio il viso: su fronte e guance il pH ha valori compresi tra 4.0 e 5.5, mentre sul naso può arrivare fino a 7.0. Spostandoci a livello delle ascelle il pH è pari a 5.8-6.0, mentre all’inguine il valore misurato sale a 6.2 e nella vagina scende a 4.7.
In linea di massima il pH tende quindi a essere leggermente acido. Per questo spesso si sente parlare della pelle come di un “mantello acido”.
Questa naturale acidità aiuta la pelle a conservare le sue proprietà fisico-chimiche e la sua funzione protettiva. In particolare, il pH misurabile sulla superficie dell’epidermide influenza la capacità di trattenere l’acqua (quindi l’idratazione) e la composizione lipidica dello strato corneo, quello più esterno e, quindi, più esposto agli agenti ambientali.
Lo strato corneo costituisce una vera e propria barriera impermeabile che impedisce sia la diffusione di sostanze dall’interno all’esterno dell’organismo, sia la penetrazione di molecole estranee attraverso la pelle.
Anche il pH dello strato corneo è fondamentale per la sua funzione di barriera. In particolare, due enzimi che contribuiscono alla produzione di importanti componenti della pelle (la beta-glucocerebrosidasi, responsabile della produzione delle ceramidi, e la sfingomielinasi acida, responsabile della produzione di un importante costituente delle membrane, la sfingomielina) lavorano meglio a pH acidi.
Inoltre, il pH della pelle influenza le interazioni fra i lipidi all’interno dello strato corneo, promuovendo, quando è acido, l’integrità e la coesione della pelle. Per questo le alterazioni del pH della pelle possono compromettere le sue funzioni di difesa.
Inoltre, il pH della pelle ha un ruolo anche nei processi di guarigione delle ferite in quanto una sua alterazione può compromettere l’integrità del collagene (la proteina che forma l’impalcatura di sostegno della pelle) e influenzare così la capacità di riparare eventuali danni.
Infine, il pH della pelle influenza anche la composizione del microbiota (cioè la comunità di microbi) che vive sulla sua superficie, contrastando la proliferazione di specie patogene come lo stafilococco aureo, che cresce più facilmente in ambienti a pH neutro.
Anche le possibilità di crescita di Propionibacterium acnes (il batterio associato, come suggerito dal suo nome, all’acne) dipende dal pH: quando quest’ultimo scende verso i valori più bassi della scala, al di sotto di 5.5, la proliferazione di questo microbo è fortemente limitata; è però sufficiente un lieve aumento del pH perché il Propionibacterium riesca a moltiplicarsi più facilmente.
Altri microrganismi che proliferano più facilmente quando il pH della pelle aumenta sono la candida e i batteri che provocano lo sgradevole odore che si può emanare dall’incavo ascellare. Il trattamento con il deodorante ha infatti lo scopo di ridurre il pH a livello delle ascelle.

Fattori che influenzano il pH della pelle

Il pH della pelle (in particolare, dello strato corneo) può essere influenzato da numerosi fattori interni ed esterni all’organismo.
Età, sesso, origine etnica e predisposizione genetica sono tutte caratteristiche individuali che possono fare la differenza. Per esempio, pelli più scure tendono a essere più acide in superficie rispetto a pelli più chiare. Questa caratteristica è associata a una maggiore integrità dello strato corneo e a funzioni di barriera più accentuate.
La pelle dei neonati tende ad avere un pH neutro, attorno a 7, probabilmente a causa della peculiare composizione dei lipidi della pelle. Già dopo pochi mesi, però, la pelle ha una maggiore acidità, simile a quella degli adulti.
Fatte salve le già citate differenze rilevabili nelle diverse zone del corpo, tra i 18 e i 60 anni il pH della pelle tende a rimanere costante, ma con l’invecchiamento si può assistere a un aumento sia negli uomini sia nelle donne.
Altri fattori che influenzano il pH della pelle sono l’umidità, le secrezioni prodotte da ghiandole sebacee e ghiandole sudoripare (rispettivamente, sebo e sudore, il cui pH si aggira attorno a 5.5) e l’attività di specifiche molecole, le cosiddette “pompe protoniche” che controllano il passaggio di specifici elementi (come sodio e idrogeno) a livello delle membrane cellulari.
Infine, anche i lavaggi e l’uso di un prodotto cosmetico possono influenzare il pH della pelle. Detergenti, creme, deodoranti e antibatterici per uso topico influenzano l’acidità cutanea e proprio per questo, se usati in modo improprio, possono esacerbare alcuni problemi dermatologici.
In particolare, i detergenti che hanno fra i loro ingredienti il sapone sono per loro natura basici (il loro pH si aggira attorno a 10) e per questo possono irritare la pelle più di quanto non faccia un detergente che non contiene sapone. Basti pensare a quello che succede alla pelle delle mani lavate con saponette: il suo pH aumenta in media di 3 unità e rimane alterato per tutta l’ora e mezza successiva al lavaggio. In generale, detergenti con pH alcalini (quindi superiore a 7) possono essere associati all’irritazione della pelle.

Come sapere se il pH della pelle è alterato

Per misurare il pH della pelle si utilizza uno strumento (chiamato pHmetro) dotato di un elettrodo all’interno del quale è presente un liquido; quando viene posto a contatto con la pelle, il pH di questo liquido varia in base a quello della pelle e lo strumento rileva la variazione, fornendo la misura del pH della pelle.
Il pHmetro consente una misurazione semplice e non invasiva, che è possibile eseguire anche in alcune farmacie.

Come mantenere il giusto pH della pelle

Una beauty routine adeguata è fondamentale per il benessere del film idrolipidico che ricopre la superficie della pelle. Non solo, alcuni prodotti cosmetici possono aiutare a mantenere il normale grado di acidità tipico di una pelle in salute.
Partiamo dai detergenti utilizzati per la pulizia della pelle: per prevenire problemi associati all’alterazione del pH cutaneo, come le dermatiti, l’acne e le infezioni da candida, è meglio utilizzare prodotti non aggressivi con un pH che si aggiri attorno a 5.5 (4.5-6.5).
Lo stesso accorgimento può essere utile nel caso in cui si abbia già a che fare con queste condizioni; in questi casi è bene seguire i consigli del medico.
Una classica crema emolliente a base di vaselina, possibilmente priva di profumi o conservanti, può essere particolarmente utile per il mantenimento del giusto pH della pelle. Una volta applicati, emollienti di questo tipo restano intrappolati nello strato corneo.
D’altra parte, anche formulazioni più moderne, a base di ceramidi, possono avere i loro vantaggi. Rispetto alla vaselina penetrano più in profondità, entrando nei cheratinociti (le cellule più abbondanti nell’epidermide). Da qui possono essere secreti negli spazi tra una cellula e l’altra dello strato corneo, ripristinando la funzione di barriera.
Infine, lo strato corneo può essere acidificato con prodotti ad uso topico contenenti alfa-idrossiacidi, per esempio acido lattico. Queste molecole aumentano significativamente la produzione di ceramidi da parte dei cheratinociti, promuovendo di conseguenza un miglioramento delle funzioni di barriera. Per questo sono particolarmente utili in casi di dermatite atopica, in genere associata proprio a livelli ridotti di ceramidi.

Fonti

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