Melanina

Melanina nella pelle: cos’è, come funziona e come aumentarla

C’è chi ha la pelle chiara, magari costellata da vezzose lentiggini e chi, invece, ha la pelle scura oppure olivastra. C’è chi sfoggia chiome dorate e chi folti capelli dalle sfumature ramate. C’è poi chi, quando espone la pelle al sole, assume rapidamente e senza fatica un colorito ambrato e chi, invece, sotto l’effetto dei raggi UV, rimedia per lo più eritemi e scottature.

La pigmentazione della cute, di peli e capelli e degli occhi, sia quella costitutiva (cioè quella che caratterizza una persona abitualmente e che è predeterminata dalla genetica), sia quella facoltativa (cioè quella che si acquisisce con l’esposizione al sole, universalmente nota come abbronzatura), è strettamente legata alla melanina, un pigmento che viene prodotto da alcune cellule del nostro organismo.

A dispetto di quanto pensano in molti, non esiste un solo tipo di melanina, tanto che sarebbe più corretto parlare, al plurale, di melanine. Scopriamo quindi quali tipologie di melanina esistono e quali importanti funzioni svolgono per la salute della pelle.

Che cosa è la melanina e a cosa serve

La melanina è un pigmento, ovvero una sostanza colorata, sintetizzato in determinate cellule a partire da un aminoacido, la tirosina. Per la precisione, la produzione di melanina avviene nei melanociti, cellule presenti principalmente nell’apparato tegumentario (che comprende la pelle e gli annessi cutanei) e negli occhi, ma che si trovano anche in altri tessuti del sistema nervoso e dell’orecchio interno. In particolare, a livello cutaneo, queste cellule si trovano nel cosiddetto strato basale dell’epidermide, appena sopra il derma, e nei follicoli piliferi. I melanociti nella pelle sono circondati dai cheratinociti, le cellule più abbondanti dell’epidermide (un melanocita è circondato da circa 36 cheratinociti), a cui trasferiscono il loro pigmento di melanina.

Se a determinare la pigmentazione più scura della pelle è in genere una maggiore densità di melanina, anche il rapporto tra i diversi tipi di melanina contribuisce a determinare differenze di colorazione. Come abbiamo già avuto modo di anticipare, infatti, non esiste un solo tipo di melanina, ma anzi si distinguono principalmente due melanine:

  • la eumelanina, un pigmento di colore marrone-nero, è il tipo di melanina che generalmente tutti i tipi di pelle contengono in proporzione più elevata; in particolare negli individui con pelle e capelli scuri
  • la feomelanina, un pigmento rosso-giallo, si trova principalmente in soggetti con capelli rossi e fototipo cutaneo di tipo I e II.

 

All’interno dei melanociti, si trovano piccoli organuli, chiamati melanosomi, deputati alla produzione di melanina (attraverso un complesso processo detto melanogenesi), al suo stoccaggio e alla sua distribuzione ai cheratinociti circostanti. La quantità di melanina determina la pigmentazione dei tessuti, ma, a sua volta, non dipende dal numero dei melanociti (che è sostanzialmente simile in tutte le persone, pur appartenenti a gruppi etnici differenti), ma da numero, forma e dimensioni dei melanosomi e dalla loro distribuzione nei cheratinociti. Nella popolazione bianca, per esempio, i melanosomi sono meno numerosi e più piccoli di quelli nella popolazione di colore.

Come anticipato, la melanina contribuisce a determinare la carnagione e la pigmentazione dei capelli e degli occhi, che sono predeterminati da fattori genetici. Alcune condizioni in cui la produzione di melanina risulta carente determinano infatti una ipopigmentazione, cioè una ridotta colorazione cutanea. Un esempio di ipopigmentazione generalizzata è quello legato all’albinismo, malattia rara ed ereditaria in cui, per effetto di un’alterazione genetica, la presenza di melanina nell’organismo è ridotta se non addirittura assente tanto che, nella forma più riconoscibile della malattia, le persone albine hanno capelli bianchi e pelle molto chiara.

Un esempio, invece, di ipopigmentazione localizzata è dato dalla vitiligine. Questa condizione è caratterizzata da macchie bianche, cioè aree circoscritte della pelle in cui manca la melanina. Le cause non sono ancora chiare, e sono stati presi in considerazione molteplici fattori, da una risposta autoimmune, a fattori metabolici e genetici. Ad ogni modo, si ipotizza che la malattia sia il risultato della distruzione dei melanociti e di un’interferenza nei processi di produzione di melanina.

Le funzioni della melanina non si riducono, però, solo alla pigmentazione di pelle, capelli e occhi. Per esempio, svolge un ruolo importante anche nello sviluppo del nervo ottico: questo spiega perché, per esempio, le persone affette da albinismo hanno problemi di vista.

Altra funzione ampiamente riconosciuta alla melanina è quella fotoprotettiva: questo pigmento contribuisce a limitare gli effetti nocivi dei raggi UV solari sulle strutture delle cellule cutanee. Non dimentichiamo, infatti, che se da una parte esporsi al sole può avere effetti benefici (bastano pochi minuti al giorno per attivare la sintesi della vitamina D, che è utile per la salute di ossa e muscoli e per il sistema immunitario), dall’altra può indurre danni sia a breve termine (come scottature ed eritemi), sia a lungo termine (come l’invecchiamento cutaneo e patologie molto gravi). I raggi ultravioletti, infatti, possono danneggiare la cute e aumentano il cosiddetto stress ossidativo, inducendo un eccesso di radicali liberi che, a loro volta, hanno conseguenze deleterie sulla salute della pelle.

La pelle però può difendersi grazie alla melanina, che è in grado di assorbire i raggi ultravioletti presenti nella luce solare e possiede proprietà antiossidanti e di eliminazione dei radicali liberi. In particolare, l’eumelanina è il tipo di melanina più efficace nella fotoprotezione. Gli individui con melanociti che producono più feomelanina rispetto all’eumelanina tendono, infatti, non solo ad avere una pelle più chiara, ma anche a essere più soggetti al rischio di scottature e danni a lungo termine.

Come funziona la melanina

La melanina esplica la sua funzione fotoprotettiva in risposta all’esposizione ai raggi ultravioletti, determinando quella che abitualmente chiamiamo abbronzatura.

In una prima fase, che in genere si verifica in tempi rapidi dall’esposizione ai raggi UV, si ha un aumento della pigmentazione della pelle che non deriva dalla produzione di nuova melanina, ma dall’ossidazione (e dal conseguente scurimento) di quella già presente nell’epidermide e che tende a scomparire al termine dell’esposizione al sole.

Segue poi una pigmentazione ritardata (che si manifesta anche alcuni giorni dopo l’esposizione al sole), ma che dura più a lungo, conseguenza della produzione di nuova melanina indotta dagli ultravioletti: i melanosomi presenti nei melanociti avviano la sintesi di nuovo pigmento; quando sono maturi, questi organelli migrano all’interno dei cheratinociti vicini, disponendosi attorno ai nuclei delle cellule per proteggerli, e colorando così la pelle. Gradualmente, il pigmento verrà poi degradato ed eliminato con la desquamazione dello strato corneo, facendo così scomparire la “tintarella”.

La risposta della cute ai raggi solari (quindi la capacità o meno di abbronzarsi e le caratteristiche dell’abbronzatura stessa) è in larga parte legata alla pigmentazione costitutiva. Non a caso la maggiore o minore reattività ai raggi solari di un individuo è indicata dal fototipo, classificazione che tiene conto in particolare dei colori costitutivi della pelle, degli occhi e dei capelli: così, per esempio, chi ha un fototipo scuro generalmente si abbronza facilmente e si scotta raramente.

Ad ogni modo, la funzione fotoprotettiva della melanina non è sufficiente da sola per la prevenzione dei rischi cutanei e anche chi ha un’elevata capacità di abbronzarsi e si scotta raramente deve evitare di esporsi al sole in modo incauto, senza un’adeguata protezione solare.

Come aumentare la melanina

In genere, in vista dell’estate e dell’aumento delle occasioni di esposizione al sole, si suggerisce un’alimentazione “pro abbronzatura”, capace cioè di favorire la pigmentazione “facoltativa”. È bene prediligere per esempio il consumo di frutta e verdura (5 porzioni al giorno), soprattutto di colore giallo-arancione, rosso e a foglia verde (carote, albicocche, pomodori, meloni, peperoni, cavoli ecc.), frutta secca e oli vegetali (come l’olio d’oliva). Sono cibi ricchi, in particolare, di antiossidanti come carotenoidi (per esempio il beta carotene, precursore della vitamina A, ma anche il licopene e la luteina), vitamina C, vitamina E.

Questi alimenti contribuiscono effettivamente a potenziare le naturali difese cutanee contro i raggi ultravioletti: oltre a contrastare i radicali liberi, favoriscono la sintesi dei componenti della pelle (come il collagene) che ne mantengono l’integrità, l’elasticità e l’idratazione.

Non a caso sono generalmente queste stesse sostanze a essere presenti in specifici integratori che contengono alcuni nutrienti preziosi per la pelle (come rame, zinco, selenio, vitamine del gruppo B ecc.). È bene cominciare ad assumere questi prodotti almeno un mese prima di esporsi al sole, per poi continuare durante il periodo di esposizione e successivamente.

Ricordiamo che potenziare le difese fotoprotettive della pelle con alimentazione adeguata e integratori è utile e consigliato, ma non sostituisce la protezione solare assicurata dall’utilizzo di filtri solari da applicare sulla cute (commisurati al proprio fototipo) e non deve giustificare un’esposizione al sole eccessiva e incauta.

Fonti

Elementi Siti Lievitosohn HTML 27
Logo

È la linea di integratori alimentari che possono aiutarti a mantenere pelle e capelli sani per tutto l’anno grazie ai loro complessi multivitaminici.